Sistemi di evacuazione fumi e calore

Descrizione e applicazione 

Evacuatori fumo e caloreUn incendio provoca, in breve tempo, un’elevata quantità di fumo e calore. Il fumo invade gli ambienti, impedisce la respirazione e rende nulla la visibilità generale impedendo alle persone l’individuazione delle vie d’uscita ed alle squadre dei Vigili del Fuoco di intervenire efficacemente.

Il calore si accumula fino a raggiungere valori di temperatura altissimi che mettono a repentaglio la vita delle persone e danneggiano anche le strutture degli edifici con possibilità di crolli devastanti.

È vitale che, in presenza d’incendio, si attui velocemente un’adeguata ventilazione dei locali interessati per estrarre il fumo ed il calore.

Ed è proprio questa la funzione che assolvono i sistemi di evacuazione fumi e calore, che se opportunamente dislocati, permettono di indirizzare i fumi caldi lontano dalle vie d’uscita permettendo sufficiente visibilità necessaria per l’evacuazione in sicurezza delle persone e l’ingresso delle squadre dei Vigili del Fuoco.

Gli evacuatori di fumo e calore, definizione spesso surrogata dall’acronimo E.F.C., sono generalmente utilizzati in combinazione con impianti di rivelazione e sono basati proprio sullo sfruttamento del movimento verso l’alto delle masse di gas caldi generati dall’incendio che, a mezzo di aperture sulla copertura, vengono evacuate verso l’esterno. Gli E.F.C. devono essere installati per quanto possibile in modo omogeneo nei singoli compartimenti, a soffitto in ragione, ad esempio, di uno ogni 200 m2 (su coperture piane o con pendenza minore del 20%) come previsto dalla regola tecnica di progettazione costituita dalla norma UNI 9494:2007.

I sistemi di evacuazione fumi e calore, sono costituiti da vani di ventilazione naturale o meccanici con funzionamento manuale o automatico, talvolta accoppiati a cortine antifumo e sono trattati nella direttiva 89/106/CE, recepita in Italia dal D.P.R. n. 246 del 31.04.1993. Detta norma si trova armonizzata come specifica tecnica adottata dal CEN (Comitato Europeo di Normazione), che nel suo ambito trova rispondenza nel comitato tecnico CEN/TC 191 denominato “Sistemi fissi per la lotta contro l’incendio”.

I contenuti della norma UNI 9494 sono in perfetta sintonia con quanto previsto dai progetti del comitato CEN/TC 191. Attualmente gli E.F.C. vengono costruiti secondo la recente norma tecnica europea EN 12101 recepita dalla UNI 9494 e pubblicata nella versione italiana UNI EN 12101-2:2004.

Questi sistemi servono ad estrarre dalle aeree interessate i fumi ed il calore generati da un incendio, contribuendo a contenere la propagazione laterale ed a creare al di sotto dello strato di fumi in sospensione un’area esente da fumi stessi, garantendo così di mantenere sgombri da prodotti di combustione i percorsi di sfollamento e fuga e gli accessi per le operazioni di soccorso antincendio.

Contribuisce inoltre a ritardare o impedire il flash over (incendio generalizzato) ed a ridurre il pericolo di collasso degli elementi strutturali dell’area dovute all’aumento di temperature.

Ovviamente il loro limite sta nella limitazione dell’utilizzo che è riservato agli edifici monopiano e/o all’ultimo piano degli edifici multipiano, non essendo possibile il loro utilizzo nei piani intermedi.

Gli evacuatori di fumo e calore consentono quindi di:

  • Agevolare lo sfollamento delle persone presenti e l’azione dei soccorritori grazie alla maggiore probabilità che i locali restino liberi da fumo almeno fino ad un’altezza da terra tale da non compromettere la possibilità di movimento;
  • Agevolare l’intervento dei soccorritori rendendone più rapida ed efficace l’opera;
  • Proteggere le strutture e le merci contro l’azione del fumo e dei gas caldi, riducendo in particolare il rischio ed il collasso delle strutture portanti;
  • Ritardare o evitare l’incendio a pieno sviluppo, fase più comunemente conosciuta come “flash over”;
  • Ridurre i danni provocati dai gas di combustione o da eventuali sostanze tossiche e corrosive originate dall’incendio.

L’azione efficace dell’impianto di evacuazione fumo e calore si ha nella prima fase dell’incendio, con temperature fino a 300°C. Si ribadisce dunque che gli impianti E.F.C., come tutti gli altri impianti antincendio, devono entrare in funzione nei primi minuti dopo lo scoppio dell’incendio. La norma UNI 9494, già nella parte dedicata alle definizioni e termini, introduce il concetto di compartimento (A), settore di edificio limitato da pareti e solai resistenti al fuoco e il compartimento a soffitto (As), area compresa tra due cortine a tenuta di fumo o tra due elementi strutturali similari (per esempio travi).

e.f.c.Il paragrafo 5 della norma UNI 9494 definisce come deve essere progettato l’impianto.

Gli E.F.C. devono soddisfare una serie di caratteristiche che il costruttore deve garantire. Ogni singolo E.F.C. ha il proprio comando di apertura con fonte autonoma di energia e scatto termico a 68; 93 o 141°C. La fonte autonoma di energia è una cartuccia da 30 g di CO2. Ogni gruppo di E.F.C., gruppo che copre un compartimento o una parte di compartimento (in genere zone da 1.600 m2 circa), ha il proprio comando di apertura antincendio. Questo comando remoto è il più importante perché fornisce la ventilazione antincendio, l’evacuazione dei fumi e dei gas caldi dalla zona sotto incendio.

Nel paragrafo 6 della norma UNI 9494 i parametri che vengono presi in considerazione sono la velocità di propagazione dell’incendio, la durata prevista di sviluppo dell’incendio, la geometria dell’ambiente, cioè del compartimento.

Con il primo parametro si vuole considerare la quantità di fumi e gas caldi prodotti. Non si richiede il carico d’incendio, ma la velocità con cui il braciere si allarga. E si danno tre ipotesi di velocità:

  • Velocità bassa;
  • Normale;

Non è facile utilizzare la velocità bassa, perché sono sufficienti pochi imballaggi di plastica per ricondurre il caso alla velocità media. La velocità alta è legata a prodotti e sostanze con combustione rapida, quasi tutti classificati.

Il secondo parametro, il tempo di sviluppo dell’incendio, è dato dalla somma del tempo di allarme (0 min. con impianti automatici di rilevazione fumo, 5 min. con presenza di uomini) e del tempo d’intervento delle squadre antincendio (5 min. per squadra interna, 20 min. per squadra esterna). Si mantiene il tempo d’intervento più basso, 5 min., se esistono impianti automatici di spegnimento come lo sprinkler.

Il tempo d’intervento della squadra esterna è dato dai Vigili del Fuoco. In genere si calcola 1km = 1 min.; nelle zone con traffico difficile, è opportuno però sempre far confermare il tempo dal comando provinciale.

GRUPPI DI DIMENSIONAMENTO (GD)

Durata convenzionale prevista di sviluppo incendio (Minuti) Velocità di sviluppo incendio*
Bassa Normale Alta
<= 5 1 2 3
<= 10 2 3 4
<=15 3 4 5
<=20 4 5 6
<=25 5 6 7
* La velocità normale di propagazione incendio viene assunta convenzionalmente in 1 cm/sec. Per velocità minori di 0.5 cm/sec, documentata da prove sperimentali, può essere utilizzata la velocità bassa. Per velocità presumibili maggiori di 1 cm/s deve essere utilizzata la velocità alta

 

Tempo di allarme + Tempo inizio operazioni = Tempo di sviluppo Incendio

Tempo di allarme:

0 min. con rivelatori
5 min. con presenza di persone

Tempo per inizio operazioni:

5 min. con squadre di stabilimento
10 min. tempo buono per squadra esterna
15 min. tempo medio per squadra esterna
20 min. squadra esterna lontana

Il terzo parametro analizza l’ambiente, il compartimento, la superficie, la forma e l’altezza della copertura, la presenza di cortine tagliafumo che creano i comparti a soffitto (utilissimi serbatoi di fumo e gas caldi), l’altezza libera da fumi che bisogna dare (metà altezza media, non meno di 2 m).

Il fattore determinante per il buon funzionamento di un impianto di E.F.C. è il corretto dimensionamento dell’evacuatore; il quale viene stabilito principalmente sulla base dello spessore dello strato di fumo che si può raccogliere nella parte alta del soffitto.

Gli evacuatori di fumo e calore devono essere ripartiti il più uniformemente possibile all’interno dell’area da proteggere. Nel calcolo del numero di evacuatori da installare è preferibile sempre adottare un numero maggiore di apparati di dimensione più contenuta piuttosto che il contrario.

Nei casi in cui alcune zone dell’area da proteggere vengano separate parzialmente da pareti, travi, correnti o da altri elementi da costruzione, è preferibile installare un evacuatore di fumo per ciascuna zona.

In ambienti in cui sono presenti controsoffitti che possono comportare l’accumulo di calore, è necessario prevedere aperture supplementari.

Con il G.D. ottenuto e con l’altezza libera da fumi y (o yc) si determinano i coefficienti di dimensionamento, in percentuale della superficie del compartimento

COEFFICIENTI DI DIMENSIONAMENTO

Altezza della Zona liberaDa fumo y oppure *yc Coefficiente a di dimensionamento
Gruppi di Dimensionamento1 2 3 4 5 6 7
0.5 *h 0.3 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4
0.55 *h 0.35 0.5 0.7 1 1.2 1.5 1.7
0.6 *h 0.4 0.6 0.9 1.2 1.5 1.8 2.1
0.65 *h 0.5 0.7 1 1.5 1.8 2.2 2.5
0.7 *h 0.7 0.9 1.3 1.8 2.2 2.5 2.8
0.75 *h 0.85 1.1 1.5 2.1 2.5 2.8 2.8

 

*Si calcola con yc (fattore di correzione) se As > 1.600 m2 o.h c < 0,5xh

Se A è 1600 m2, o minore, e l’altezza media del comparto h maggiore o uguale a 4 m, la prima riga fornisce i valori a (y = 0,5 h).

Se A è maggiore di 1600 m2, si cerca la yc = y + Dh/2 * (A – 1600) /1600 cioè y corretta da un’aggiunta che tiene conto, con due fattori, dell’effetto cortine (Dh/2) e dell’effetto ambiente grande (A – 1600) /1600.

Il primo sviluppato è Dh = h – (y + hc) dove h = altezza media del comparto, y=h/2 e hc = altezza cortina, quando la cortina scende fino a h/2 si annulla.

Comparti a soffitto evacuatori di fumoQuesto significa che se il comparto è suddiviso con comparti a soffitto di 1.600 m2 (o meno) e le cortine scendono a metà altezza o più, i fumi e gas caldi prodotti dall’incendio non passano ai comparti a soffitto adiacenti. Due conseguenze fondamentali:

  • Contengo per un periodo di alcuni minuti l’incendio in un solo comparto a soffitto, gli altri comparti a soffitto restano “bianchi”, “freddi” con gli E.F.C. chiusi. Si ottiene un forte miglioramento della sicurezza globale,
  • La SUT degli E.F.C. è la minima, per cui si realizzano economie di apparecchi e di aperture al piede che possono essere sensibili.

Il secondo fattore varia da 0,0 a 1,0; per A= 1.600 m2 è 0. Per A= 3.200 m2 vale 1. Se A maggiore di 3200 m2, in (A – 1.600) /1.600 si pone sempre 3.200 m2.

Il dimensionamento si conclude con il calcolo di yc, che sarà tra 0,50 h e 0,75 h.

Per esempio, con un G.D. 4 (edificio, con impianto di rivelazione fumi, tempo di intervento 15 min., velocità di sviluppo incendio normale), il coefficiente di dimensionamento può variare da 0,8% a 2,1 %, secondo le dimensioni dell’ambiente e la presenza di cortine taglia fumo.

Per quanto riguarda il sistema di apertura individuale questo è costituito da un dispositivo di perforazione, installato vicino al cilindro attuatore. La fiala termosensibile è tarata normalmente a 68°C, al raggiungimento di tale temperatura esplode, liberando l’ago che perfora il fondello della bomboletta di biossido di carbonio (CO2) istallato. Il gas compresso sblocca l’E.F.C. e fa scattare il pistone che provoca il ribaltamento del telaio superiore. Il sistema meccanico di blocco impedisce dopo l’apertura la chiusura accidentale, anche in presenza di vento forte.

Si può anche realizzare l’impianto collegando i gruppi con linea pneumatica o con linea elettrica. In entrambi i casi la linea deve resistere al fuoco e aprire tutti gli E.F.C. della sezione sotto l’incendio.

L’energia autonoma, nel caso di collegamento pneumatico, è data da una bombola di CO2 (biossido di carbonio). Nel caso di collegamento elettrico, sulla linea corre un segnale che attiva un percussore per ogni E.F.C.; questo rompe l’ampollina termosensibile e libera la CO2 della cartuccia posta nell’E.F.C. Il percussore è mosso da una carica tipo pirotecnico o da un magnete. In entrambi i casi l’assorbimento è di circa 0,3 A per E.F.C.

Nel caso del circuito pneumatico si consuma solo la bombola di CO2 della stazione remota. Le cartucce di CO2 e le ampolle termosensibili di ogni singolo E.F.C. restano integre.

Il circuito elettrico ha bisogno di una centralina remota in grado d’inviare un segnale di 24 V cc e aprire tutti gli E.F.C. collegati. Si consumano tutte le cartucce di CO2 e le ampolle termosensibili degli E.F.C. del gruppo, nonché la carica pirotecnica.

Nonostante esistano diverse tipologie di E.F.C., per semplicità questi sistemi possono essere ricondotti a tre principali categorie, sulla base del loro sistema di apertura:

  • Il tipo ad un battente con parte mobile trasparente a “cupolino” oppure opaca, in genere ottenuta da una lastra metallica;
  • Il tipo a due battenti più o meno inclinati, incernierati alla base del telaio e che, aperti, presentano i due telai mobili in posizione perpendicolare al piano d’appoggio. Il telaio mobile è chiuso con un portello piano opaco o trasparente;
  • Il tipo a “persiana” composto da lamelle mosse da un’unica asta; le lamelle sono incernierate sui lati del telaio fisso e sono opache o trasparenti.

I più diffusi, i cupolini, sono dotati di un dispositivo per l’apertura manuale o meccanizzata in associazione con rivelatori d’incendio a funzionamento singolo o integrato con un sistema di rivelazione incendi. L’apertura deve essere garantita in un tempo non superiore a 60 secondi.

Solitamente il sensore del rivelatore è di tipo termico a soglia fissa o di tipo termovelocimetrico.

Ogni E.F.C. deve essere come richiesto dalla EN 12101 corredato di una targhetta che deve riportare i seguenti dati tecnici significativi:

  • Denominazione della ditta produttrice;
  • Marchio attestante la conformità alle norme europee;
  • Codici di certificazione e Normativa di riferimento;
  • Dimensione geometrica dell’apertura espressa in cm;
  • Data di produzione;
  • Numero di serie univoco;
  • A(Aa) Aerodynamic free area (Superficie Utile Apertura) espressa in mq;
  • Dispositivo termosensibile espresso in °C;
  • WL – Wind Load (Azione del Vento) (Pa);
  • SL – Snow Load (Carico Neve) – (Pa);
  • T – Low Ambient Temperature (Bassa Temperatura Ambiente) espressa in °C;
  • Re – Number of cycles (Numero Cicli);
  • B – Resistance to Heat (Resistenza al Calore) espressa in °C;
  • F – Classe di reazione al fuoco materiale di copertura dell’EFC (cupola).

Manutenzione

Essendo anche gli E.F.C. degli impianti di protezione incendi, devono pertanto rispettare quanto indicato nei D.P.R. n.37 12 gennaio 1988 e D.M. 10 marzo 1998 art. 4 “Controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio” e “Controllo e manutenzione sulle misure di protezione antincendio”.

Le operazioni di manutenzione riguardanti gli E.F.C. devono essere svolte dall’azienda produttrice o da azienda di manutenzione con controlli periodici e regolari.  In quest’ottica i produttori hanno l’obbligo di fornire al momento della consegna degli E.F.C. il manuale d’installazione, di uso e di manutenzione come previsto dal DM 10 dicembre 01.

Nonostante le aziende produttrici occupino un posto di rilievo nell’attività di manutenzione degli E.F.C., la norma di riferimento per la manutenzione degli E.F.C. resta comunque la UNI 9494.

Per una corretta manutenzione i costruttori di evacuatori di fumo e calore consigliano di effettuare con controlli periodici e regolari le operazioni riportate nella seguente tabella.

Inoltre i risultati delle verifiche periodiche devono essere registrati sui libri di manutenzione conservati sia dalla Società che effettua la manutenzione sia dal titolare dell’Azienda o responsabile della sicurezza aziendale
a cui si effettua la manutenzione.

Di seguito è riportata la scheda tecnica contenente le operazioni di manutenzione da porre in essere per i sistemi di evacuazione fumi e calore.

Tabella A – Manutenzione sistemi di evacuazione fumi e calore.

TIPO REVISIONE TEMPO MASSIMO CONTROLLO TEMPO MASSIMO SOSTITUZIONE
Evacuatore 6 mesi
Cartuccia CO2 6 mesi
Valvola termica 6 mesi
Molle e spillo di armamento 6 mesi 24 mesi
Carica pirotecnica 6 mesi 24 mesi
Sistema di rivelazione 6 mesi

 

Nonostante la manutenzione degli E.F.C. debba essere svolta attraverso controlli periodici e regolari nel rispetto di tutte le operazioni che rientrano in questa fase da parte dei tecnici manutentori, la responsabilità maggiore resta comunque dell’azienda o del titolare della medesima a cui spetta la decisione più importante, e cioè la scelta della società a cui affidare le attività di manutenzione sulle proprie attrezzature ed impianti antincendio.

A tal proposito va sottolineato come il D.lgs. 81/2008 prevede che al momento dell’affidamento del servizio di manutenzione delle attrezzature e degli impianti antincendio è importante verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa come previsto all’articolo 26 del D.lgs. n.81/2008 “Indicazioni pratiche per eseguire la verifica dell’idoneità tecnico-professionale” e all’articolo 27 del D.lgs. n.106/2009, relativo alla qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi.

L’articolo 26 del D.lgs. n.81/2008 prevede che il committente dovrà limitarsi a richiedere all’impresa affidataria del servizio di manutenzione delle attrezzature ed impianti antincendio questi due documenti:

  • Il Certificato di iscrizione alla camera di commercio;
  • L’Autocertificazione di possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionali.

La sola ipotesi che, in caso di infortunio, il magistrato possa accontentarsi della richiesta di questi due documenti per non attribuire un’eventuale culpa in eligendo (“colpa nella scelta”) al committente è semplicemente risibile. Già in passato la giurisprudenza ha avuto modo di affermare come questa verifica debba essere sostanziale, non meramente formale.

In effetti di sostanziale nel certificato e nell’autocertificazione richiesta all’articolo 26 c’è solo la carta su cui vengono stampate le autocertificazioni e il certificato, dato che nessuno dei due documenti richiesti è in grado di dare altra informazione che vada oltre la semplice constatazione che l’impresa è abilitata ad operare, ma nulla sappiamo sulla sua capacità di saper operare e, soprattutto, di saper operare in sicurezza, fine ultimo della verifica dell’idoneità tecnico-professionale.

Vediamo allora come integrare questi documenti con ulteriori richieste che possono essere utili al datore di lavoro/committente per fare un buona verifica dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa a cui affidare il servizio di manutenzione.

DURC – Documento Unico di Regolarità Contributiva. Il DURC garantisce che l’impresa sia in regola con il versamento dei contributi obbligatori, sollevando per altro il committente dalla responsabilità solidale, vigente anch’essa, riguardo al mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali ed assicurativi.

Dichiarazione dell’organico medio-annuo ed organigramma dell’impresa. Questa dichiarazione ha la finalità di verificare l’effettiva forza lavoro dell’impresa e le sue capacità organizzative, comprendenti per esempio, la presenza di preposti e/o dirigenti in grado di vigilare sulla sicurezza dei lavori affidati all’impresa.

Nominativi delle figure della sicurezza (RSPP – RLS – Medico Competente) e copie degli attestati di avvenuta formazione. Questi documenti garantiscono che l’impresa ha effettivamente adempiuto ai requisiti di base della normativa in materia di sicurezza. La conoscenza di tali nominativi sarà in ogni caso utile nella successiva fase di redazione del DUVRI.

Curriculum dell’impresa. Un curriculum per accertare l’esperienza dell’impresa che contenga l’elenco dei servizi di manutenzione delle attrezzature ed impianti antincendio, eseguiti negli ultimi tre anni.

Relazione degli infortuni e delle malattie professionali dichiarate negli ultimi tre anni: è questo un dato molto rilevante poiché caratterizza fortemente la tendenza infortunistica dell’impresa.

Possesso di una certificazione BS OHSAS 18001 – Sistema di gestione per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. È una certificazione rilasciata da un organismo di certificazione accreditato che attesta che l’impresa è in possesso di un modello di organizzazione e di gestione di cui all’articolo 30 del D.lgs. n. 81/2008, esimente dalla responsabilità amministrativa delle imprese.

Attestati di formazione dei lavoratori ed elenco dei dispositivi di protezione individuali. Atto a verificare il rispetto da parte dell’impresa degli adempimenti di base previsti dalla norma.

Elenco delle macchine ed attrezzature che l’impresa intende impiegare per lo svolgimento del lavoro, dichiarazione se esse sono di proprietà o meno dell’impresa e presenza o meno del marchio CE, simile elenco è anch’esso indice della professionalità dell’impresa e della sua capacità di saper prevedere con quali modalità svolgere il lavoro che le sarà assegnato. Inoltre, in alcuni casi, il possesso di alcune macchine o attrezzature, che sono state in passato oggetto di importanti investimenti per l’impresa, potrebbe servire a giustificare il costo più o meno basso dell’offerta economica presentata, dato che se esso è già stato ammortizzato, l’impresa sarà in grado di fare offerte più basse rispetto alla concorrente che dovrà provvedere al suo noleggio.

Riduzione premio INAIL. Copia della lettera di riduzione del premio infortunistico INAIL nel primo biennio di attività o, in alternativa, dopo il primo biennio ai sensi degli artt. 20 e 24 – Modalità di Applicazione della Tariffa dei premi INAIL – approvata con D.M. 12 dicembre 2000 (per le imprese soggette al D.P.R. 602/1970, tale riduzione può essere applicata solo per i dipendenti).

Provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale. Dichiarazione che attesti che l’impresa non ha subito provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale previsti dall’articolo 14 del D.lgs. n. 81/2008 (per utilizzo di manodopera non regolare o per gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Gestione rifiuti. Dichiarazione che attesti il rispetto delle disposizioni previste dal D.lgs. n.152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”.

Specificatamente per le operazioni di manutenzione che riguardano gli E.F.C. è bene richiedere all’azienda incaricata dello svolgimento delle attività di manutenzione gli attestati di formazione volti a garantire che il personale impiegato sia perfettamente attrezzato, per caratteristiche personali, equipaggiamento antinfortunistico (come previsto dalla EN 361) e soprattutto per formazione, a svolgere le suddette attività in cantieri sviluppati in altezza, ai sensi del D.lgs. n.81 del 2008 Titolo lV, dove sono stati raccolti e riformulati i contenuti dell’ex D.lgs. n.494 del 14 agosto 1996, che recepiva nella legislazione italiana la cosiddetta Direttiva Cantieri.

Prima di iniziare le attività di manutenzione devono essere verificate dal committente e dall’impresa incaricata:

  • Possesso del tecnico addetto alla manutenzione dell’attestato di formazione sul lavoro sospeso e in altezza ai sensi del D.Lgs.81/2008.
  • Utilizzo dei DPI (dispositivi di protezione individuale).
  • Conoscenza del contenuto del DUVRI.
  • Comunicazione al RSPP del Committente dell’inizio delle attività di manutenzione.
  • Posizionamento nell’area sottostante l’evacuatore le transenne creando un’area chiusa della dimensione di 300*300 cm con paletti e catene bicolore o transenne, oppure, applicazione all’apertura dell’evacuatore una rete di sicurezza a maglie strette. Le due soluzioni servono per annullare il rischio di caduta accidentale di attrezzatura da lavoro (cacciavite, martello, telefonino, ecc.) che possono colpire persone e cose.
  • Segnalazione nell’area transennata il cantiere con adeguato cartello di informazione “CANTIERE” e pericolo “CADUTA OGGETTI DALL’ALTO”

Richiedi Informazioni


Richiedi Informazioni: